Questa rubrica settimanale propone il confronto tra due opere dell'arte figurativa - pittoriche, scultoree o architettoniche - che siano rappresentative di due distinti periodi della scienza e della tecnica dell'uomo: l'età dei pigmenti naturali, che spazia dal neolitico fino alla società preindustriale, e l'età dei pigmenti artificiali, che dal XIX secolo arriva fino ai giorni nostri.
Le opere proposte non sono accostate in modo del tutto casuale. Ciascuna coppia di immagini è infatti presentata come la manifestazione duale di una medesima tonalità cromatica o di un medesimo soggetto, nonostante esse appartengano a ambiti artistici, storici e culturali anche molto lontani tra loro.
Le dame in blu, affresco, 1650-1550 a.C. circa, palazzo di Cnosso, isola di Creta
L'affresco rappresenta tre donne dai lunghi capelli neri e dai seni scoperti, che nel mondo antico rappresentano i principali attributi della femminilità. Le vesti e le acconciature riccamente decorate e la posizione delle mani fanno supporre che i soggetti rappresentati siano sacerdotesse o donne di ceto elevato colte nella celebrazione di un rito civile o religioso. Così come la maggior parte delle pitture parietali riconducibili alla civiltà minoica, questo affresco ha subito in età romantica un pesante intervento di restauro integrativo.
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Tamara de Lempicka, Ragazza coi guanti, 1930, olio su compensato, 61 x 46 cm, Museo Nazionale di Arte Moderna, Parigi
La cura nella rappresentazione dei volumi anatomici e la sensualità conferita all'opera dalla tecnica del panneggio bagnato - tecnica peraltro strettamente legata all'arte scultorea - fanno della ragazza dipinta una novella Nike di Samotracia: non più nume tutelare della vittoria, ma vera e propria dea dell'eros e della bellezza. Una femminilità delicata ed elegante, che nel volto e nello sguardo presenta però quei tratti decisi e orgogliosi di una donna che intende confrontarsi con il genere maschile da pari a pari.
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